Monetazione romana

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Voce Moneta tratta da Silvia Bussi – Daniele Foraboschi, Le parole chiave della storia romana, Carocci, 2008

La nascita della moneta segnò indubbiamente una svolta cruciale nella storia dell’umanità. E non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello intellettuale. Passare da uno scambio tra oggetti concreti come nel baratto (es. una pagnotta in cambio di un bicchiere di vino) ad uno scambio mediato da un oggetto simbolico dal valore astratto richiese un indubbio scarto qualitativo nelle capacità di elaborazione della mente umana. La moneta, inventata dai Lidi e dai Greci in Asia minore attorno al VI secolo a.C., è un mezzo economico fondamentale che si scambia con ogni merce e permette quindi lo scambio di ogni merce, mentre il baratto aveva perlomeno un limite: un detentore di grano se voleva comprare carne da un venditore non interessato a comprare grano restava insoddisfatto, finché non trovava qualcuno che fosse interessato al suo grano. Già Aristotele aveva fatto questa osservazione. La moneta passò rapidamente da una dimensione di “artefatto prezioso” (quasi un’opera d’arte) a quella di mezzo di pagamento (anche fiscale) e di tesaurizzazione. Quasi sempre si svilisce il suo pregio artistico, ma si ingigantiscono la sua funzione economica e la sua modernità. Soprattutto con l’impero romano si ampliarono forme di pagamento senza impiego immediato di moneta che preludono ai nostri assegni (ad esempio un ordine di pagamento scritto su un biglietto e inviato ad una banca o ad un amico). A Roma la moneta venne introdotta solo attorno al III secolo a.C. Nel secolo precedente si impiegavano lingotti grezzi di rame/bronzo (Aes rude) che non erano propriamente una moneta perché venivano valutati a peso, mentre nella moneta abbiamo che il valore del metallo è inferiore al valore che lo Stato impone alla moneta: oggi una moneta cartacea da cento euro non ha nessun valore come carta, mentre vale quella cifra come mezzo di acquisto. Dopo quella primitiva esperienza i Romani adottarono lingotti di circa mezzo chilo con impresse raffigurazioni varie (aes signatum): aquile, bilance, ancore, spighe. Nello stesso tempo imitarono la monetazione della Magna Grecia coniando dracme dette “romano-campane”. Fu solo attorno al 214 a.C. che viene inventato un originale sistema monetario romano fondato sulla seguente equivalenza: 1 denario di argento = 2,5 sesterzi = 10 assi di bronzo. Successivamente, nel II secolo a.C., le equivalenze mutarono: 1 denario = 4 sesterzi = 16 assi. La monetazione in oro cominciò ad essere consistente e regolare solo nel I secolo a.C. Ma il denario di argento costituì a lungo il perno del sistema: è una moneta di circa 4 grammi del valore di circa 4 dollari (o euro). Le coniazioni furono subito massicce e, a volte, ci è possibile calcolarle: nell’89 a.C. vennero coniati più di 39 milioni di denari, soprattutto per pagare le spese belliche e le opere pubbliche.

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Originariamente il valore del metallo e quello della moneta erano molto vicini, ma era interesse dello stato divaricare il più possibile questi valori: esso emetteva monete a un certo costo e le faceva circolare ad un prezzo superiore, incassando la differenza, come un’aliquota fiscale. Dal III secolo d.C. il valore del metallo divenne un’infima percentuale del valore attribuito forzosamente dallo stato alla moneta. Grande fu il guadagno per le casse dello stato che poteva produrre moneta al costo di 1 e venderla a valori moltiplicati. Ma l’artificio finanziario contribuì ad innescare un’inflazione vertiginosa, con un aumento incontenibile dei prezzi. Nel IV secolo il problema venne risolto tornando ad una moneta dal valore corrispondente al peso del metallo che la componeva (quindi una non-moneta). Questa volta il metallo era l’oro, una merce dal magnetismo arcano. La moneta si chiamerà solidus, da cui il nostro “soldo”. Durante questo secolo il valore del metallo di bronzo si svalutò notevolmente rispetto all’oro e il processo continuò fino al VII secolo, e la moneta di mistura bronzo-argento (billion) continuò ad essere svalutata ulteriormente anche perché diminuì progressivamente il suo già ridotto contenuto di argento. Assistiamo così alla compresenza di una moneta d’oro che circola sostanzialmente al suo valore metallico, e di una moneta di bronzo-argento che circola ad un valore nominale molto più alto del valore metallico. La contraddizione non poteva risolversi che con il crollo della moneta di bronzo o di mistura di diversi metalli. E questo determinò – in un certo senso – il crollo dell’economia monetaria: la moneta d’oro circolò ad un valore sostanzialmente corrispondente al suo valore metallico, mentre l’altra proseguì nella sua deriva inflazionistica. Per essere precisi, tende a scomparire la moneta, perché l’essenza della moneta romano-imperiale dominante – il denario – era quella differenza tra valore nominale e valore metallico che, invece, nella moneta aurea tardo-antica svanisce. (DF)

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 Claudia Perassi, Soldi, acquisti, spese a Pompei e nell’area vesuviana, UNICATT

Sulla parete di una casa [pompeiana] è stata registrata la spesa affrontata quotidianamente per nove giorni da una famiglia, composta probabilmente da tre persone, per l’acquisto di prodotti alimentari quali pane, olio, vino, formaggio (CIL IV,5380). Vengono spesi in media circa 6 sesterzi al giorno, con una uscita annuale che può pertanto essere calcolata in circa 2.160 sesterzi, ossia 21,6 aurei. Altre sommarie indicazioni sono relative per esempio al costo del frumento, indicato in 12 assi al modio (un modio = kg. 6,503), e dei lupini, pagati invece tre assi al modio. Da un graffito vergato da uno sconosciuto alle idi di aprile di un anno non indicato, veniamo invece a sapere che si doveva sborsare un denario, dunque ben quattro sesterzi, per il lavaggio di una tunica (CIL IV,1392). Per quanto riguarda il prezzo delle bevande, siamo ben informati grazie ad Hedoné, la proprietaria di un’osteria che sorgeva non lontana dal Lupanare, la quale espone i prezzi dei prodotti in vendita nella sua taberna, incidendoli a graffito sul muro esterno del locale: “Hedoné proclama: qui si beve per un solo asse; se ne darai due berrai vini migliori; se ne darai quattro, berrai del Falerno” (CIL IV,1679).

(H)edone dicit / assibus hic / bibitur dipundium /si dederis meliora /bibes quatt(uor) / si dederis vina(m) Falerna(m) bib(es)

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Pompei: 12 Tracce di vita intorno al denaro, a c. del Portale Numismatico dello Stato

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