Palazzine sugli scavi

Gian Antonio Stella, Il comune di Ciampino vuole costruire dove sorgeva la casa del console Messalla, “Corriere della Sera”,  30 ottobre 2014

Cosa farebbero gli americani, se avessero loro le rovine della villa di Messala, il nemico acerrimo di Ben Hur? Farebbero di tutto per recuperare i resti di ogni statua, ogni capitello, ogni mosaico, ogni monetina… Noi no: anzi, se il Tar dovesse oggi dar ragione ai palazzinari, su quell’area archeologica sorgeranno altre dieci palazzine che andranno a impastarsi nella orrenda poltiglia cementiera della più brutta periferia romana. 
Per carità, che quella di Ben Hur e della sua rivalità con il tribuno romano Messala sia una storia costruita dallo scrittore Lew Wallace è ovvio. Dietro l’immensa portata immaginifica del presunto erede dei Messala c’è però una grande storia assolutamente vera. Quella di Marco Valerio Messalla Corvino, braccio destro di Ottaviano nella decisiva battaglia di Azio contro Marco Antonio, console nel 31 a.C., mecenate e amico di poeti come Tibullo, Sulpicia, Orazio… 
Un paio di anni fa, dov’era quella antica villa dei Valerii ingoiata dalla periferia romana di Ciampino, fu trovata la prova definitiva dell’importanza del sito archeologico. Sette statue bellissime e alte due metri che quasi certamente ornavano la piscina lunga 20 metri e cantavano la leggenda di Niobe. Cioè una delle figure più importanti della mitologia greca, celebrata anche da Omero che nell’Iliade, raccontando di quella madre che si vide uccidere da Apollo e Artemide sei figli e sei figlie, scrisse che perfino dopo esser diventata una statua mai smise di piangere: «Niobe, mutata in pietra, cova i dolori che le hanno inflitto gli dèi». Un mito cantato dallo stesso Ovidio che in quella villa era tra gli ospiti più cari. 
Finì su tutti i giornali del mondo, il ritrovamento di quelle sette statue nel grande spazio verde racchiuso per tre quarti dal seicentesco Muro dei Francesi e sopravvissuto miracolosamente, coi suoi casali di tre o quattro secoli fa costruiti sulle fondamenta delle ville antiche, alle colate tutto intorno di cemento armato. «È una di quelle scoperte che capita una sola volta nella vita di chi fa il nostro mestiere», disse l’archeologa Aurelia Lupi. «Sette statue d’età augustea complete, ma anche una serie di frammenti che possono essere ricomposti: queste statue entreranno nei manuali di storia dell’arte classica», spiegò estasiata la soprintendente Elena Calandra. 
Macché: due anni dopo siamo ancora lì. Il restauro delle statue, per quanto se ne sa, deve ancora cominciare: niente soldi, niente restauro. E il progetto municipale di lottizzare l’area, piazzandoci dieci condomini di edilizia popolare per un totale di 55 mila metri quadri, non è ancora caduto. Nonostante si siano rivelate sballate le previsioni di una crescita impetuosa degli abitanti, che avrebbero dovuto sfondare i 40 mila e al censimento si sono rivelati invece di meno. Nonostante il vincolo di tutela diretta posto ottant’anni fa, nel lontano 1935, sulle strutture barocche di quella che fu la tenuta dei principi Colonna. 
E nonostante i ricchi ritrovamenti archeologici registrati negli ultimi due secoli. Nonostante l’inserimento nel 2000 dell’area nella mappa «ad alto rischio» della Carta Archeologica redatta per il Comune di Ciampino. Nonostante la decisione presa nel 2009 all’unanimità dal Coreco laziale di proporre l’intera zona per una tutela che garantisse «la godibilità dell’antico Portale seicentesco e delle Mura dei Francesi» e di quell’area «oggi in prevalenza costituita da orti e vigneti con olivi secolari e (…) alberature di alto fusto residue dell’antico Barco monumentale risalente al 1600 voluto dalla famiglia Colonna» e il suo ingresso monumentale, il Portale seicentesco in stile barocco. 
E poi nonostante soprattutto le battaglie condotte dal movimento Ciampino Bene Comune, che chiede da anni che tutta l’area interna al Muro dei Francesi (area assediata dalla più disordinata e sgangherata periferia, un ammasso di casette e condomini, capannoni ed edifici diroccati, autofficine e casermoni orrendi) venga salvata da un vincolo archeologico e paesaggistico. 
Una battaglia nobile eppure finora non solo perdente ma segnata da una serie di beffe. Prima il crollo, dopo anni di inutili allarmi alla soprintendenza, del grandioso portale opera dell’architetto Girolamo Rainaldi (quello che costruì a piazza Navona Palazzo Pamphilij), portale schiantatosi al suolo alla fine di aprile del 2011 forse anche perché stremato dalle vibrazioni e dal panorama del trafficatissimo stradone che senza alcun rispetto gli era stato piazzato davanti. Poi il crollo di una parte del Muro dei Francesi. Poi il crollo nel giugno scorso del tetto della Chiesuola, inutilmente tutelata dal 2005, assieme agli casali, da un vincolo integrale. 
Ora, che gli aspiranti cementieri insistano per costruire sui resti della villa di Marco Valerio Messalla Corvino è tragicamente scontato. Fin da quando Antonio Cederna denunciava degli anni Cinquanta che «espandendo Roma verso il sud si fa piazza pulita dell’ultima campagna romana, che il buon senso, nonché le regole elementari dell’urbanistica, consigliavano di salvare come la pupilla degli occhi», i resti archeologici sono stati visti dai nuovi vandali, non meno incolti degli antichi, come «quattro sassi» che paralizzano l’edilizia. Ciò che stupisce è l’insistenza del Comune (Comune in pugno a quel Pd che si spaccia per essere attento ai temi dell’ambiente e della bellezza) contro ogni vincolo, fino al ricorso al Tar. E l’impotenza della Soprintendenza archeologica, che tempo fa ha spiegato per bocca di Alessandro Betori: «Non spetta a noi vincolare tutta l’area. Imporremo che le palazzine sorgano a cinque-dieci metri dal luogo della villa. Il problema è che la zona doveva essere integralmente dichiarata inedificabile. Ma questo è compito del Comune. O, tutt’al più, della Soprintendenza paesaggistica». Come se ogni tesoro archeologico non valga anche per il suo contesto. Come se la tutela di una villa romana frequentata dai massimi poeti dell’epoca augustea finisse un metro più in là dei muri perimetrali. Per diventare magari, come ironizzò Francesco Erbani, un pregiato accessorio dei nuovi condomini: «Venite a comprare, siore e siori, il bell’appartamento con vista sulle antiche rovine!». Potrebbe anzi essere il nome: «Messalla Residence». Se poi le ruspe dovessero far dei danni, amen! Il Comune, del resto, l’ha già detto: «In quell’area sono emerse rilevanze archeologiche modeste: le uniche cose di grande rilievo sono state le sette statue attribuite alla villa di Messalla…». 

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Il sito latinorum.tk è nato per accompagnare le mie lezioni dedicate alla cultura latina, per proporre divagazioni "extra ordinem" sulla classicità e per condividere in rete percorsi e materiali. Si tratta di un lavoro in fieri, che si arricchirà nel tempo di pagine e approfondimenti. Grazie anticipatamente a chi volesse proporre commenti, consigli, contributi: "ita res accendent lumina rebus…" Insegno Italiano & Latino al Liceo Scientifico ”G. Galilei” di San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Curo anche il blog illuminationschool.wordpress.com e un sito dedicato a Dante e alla Divina Commedia, www.dantealighieri.tk.
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