Pericle campione della democrazia ma anche spietato imperialista

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Giorgio Ieranò, “La Stampa Tutto Libri”, 8 luglio 2017

Lo storico esplora la figura di un eroe ambiguo avvolto dalla leggenda e ne ricostruisce la fama postuma: dal critico Montaigne all’ammirato Hitler

Chi era Pericle? Ovvio, si dirà: era l’artefice dello splendore di Atene nell’età classica, quando a teatro andavano in scena i drammi di Sofocle e sull’Acropoli si costruiva il Partenone. Ed era il simbolo della democrazia, il campione di quel «governo del popolo» che, sotto la sua guida illuminata, si realizzò come non mai nella storia umana. Anche in anni recenti, l’Epitafio di Pericle, cioè il discorso per i caduti nella guerra contro Sparta che lo storico Tucidide fa pronunciare allo statista ateniese nel 430 a. C., è stato spesso citato e recitato come un inno ai valori democratici. Nessuno però recita l’altro discorso di Pericle che compare nell’opera tucididea. Un discorso cinicamente imperialista, dove si ricorda agli ateniesi che il loro dominio sulle città e sulle isole dell’Egeo «è come una tirannide: esercitarla può essere ingiusto ma abbandonarla ci espone al pericolo». E, spesso, si sorvola anche sul bilancio che Tucidide fa del governo pericleo: «Una democrazia solo a parole, ma nei fatti il governo del primo cittadino».  
Artefice dello splendore di Atene nell’età classica, quando sull’Acropoli si erigeva il Partenone 
Pericle, insomma, è figura ambigua. Ci appare come un fautore della democrazia ma anche come un leader carismatico e autoritario. Un uomo schierato con il popolo ma anche un aristocratico sdegnoso. Un illuminato promotore delle arti ma anche un imperialista spietato che reprime nel sangue ogni tentativo degli alleati di liberarsi dal dominio di Atene. Un politico che gode di un consenso straordinario ma che già ai suoi tempi è oggetto di attacchi ferocissimi. Prima i poeti comici e poi Platone lo accusarono di essere un guerrafondaio e un demagogo, corrotto e corruttore del popolo. Si puntava il dito anche contro il «cerchio magico» dei suoi amici: a partire da Fidia, l’artefice del Partenone, finito in galera con l’accusa di essersi intascato i soldi stanziati per la costruzione del tempio. Lo si dipingeva persino come un malato di sesso, che al povero Fidia chiedeva pure di organizzargli incontri segreti con signore della buona società ateniese. Raccontare Pericle è dunque difficile. Anche lo storico francese Vincent Azoulay, nella sua nuova biografia, non può che muoversi sul crinale di queste ambiguità. Pericle, dice Azoulay, non va né idealizzato né demonizzato. Bisogna piuttosto leggere la sua figura sullo sfondo del gioco complesso che, nell’Atene democratica, intercorre tra il carisma del leader e il potere delle masse. Pericle è un aristocratico che deve sfruttare, ma al tempo stesso mascherare, i privilegi che gli derivano dalla nascita e dalla ricchezza, cercando un rapporto con il popolo, dal cui favore, comunque, deriva il suo potere. 
Il suo profilo umano sfugge: secondo Plutarco pianse una sola volta, quando morì il figlio Paralo  
Della vita di Pericle, del resto, le cose che sappiamo con certezza sono poche. Il suo profilo umano ci sfugge. Sappiamo della prima moglie, che le fonti neppure nominano, con la quale concorda un divorzio, perché, scrive Plutarco, «la convivenza non riusciva gradevole a nessuno dei due». Sappiamo della morte del figlio Paralo: l’unica volta in cui, racconta sempre Plutarco, Pericle fu visto piangere. E poi ci fu l’amore per Aspasia, donna libera e, per di più, straniera: un doppio scandalo agli occhi dell’ateniese medio. Ma, a parte quanto Tucidide racconta sui suoi ultimi anni, fino alla morte (429 a. C.) nell’epidemia di peste che colpì Atene, il resto è spesso leggenda. Per capire davvero Pericle, dunque, bisogna innanzitutto capire come si siano formate certe leggende e certe tradizioni. E’ questo il lavoro che fa Azoulay. E forse la parte più interessante del suo libro è la seconda, dove si ricostruisce la fama postuma di Pericle. Azoulay dimostra che, fino al Settecento, il mito di Pericle non esisteva: di lui si parlava poco e, in genere, male. Per Montaigne, era solo un demagogo chiacchierone: nella severa e ben governata Sparta, scriveva, «lo avrebbero fatto fustigare». Per Mably, era «un tiranno che blandiva la massa per imporsi sui suoi rivali». Solo a partire dall’Ottocento, con l’idealizzazione della democrazia ateniese, nasce il mito di Pericle. Il quale, comunque, avrà tra i suoi ammiratori anche Adolf Hitler: nella Germania nazista, i paragoni tra lo stratego ateniese e il Führer si sprecavano. A riprova del fatto che, come già sapeva Tucidide, identificare Pericle con la democrazia non è poi così ovvio. 

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Il sito latinorum.tk è nato per accompagnare le mie lezioni dedicate alla cultura latina, per proporre divagazioni "extra ordinem" sulla classicità e per condividere in rete percorsi e materiali. Si tratta di un lavoro in fieri, che si arricchirà nel tempo di pagine e approfondimenti. Grazie anticipatamente a chi volesse proporre commenti, consigli, contributi: "ita res accendent lumina rebus…" Insegno Italiano & Latino al Liceo Scientifico ”G. Galilei” di San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Curo anche il blog illuminationschool.wordpress.com e un sito dedicato a Dante e alla Divina Commedia, www.dantealighieri.tk.
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